1 Piaget
Piaget è noto specialmente per i suoi studi di psicologia dell'età evolutiva nella quale ha introdotto non pochi elementi di novità sia nell'approccio metodologico essenzialmente sperimentale, sia nei risultati che hanno messo in luce aspetti sconosciuti e inaspettati delle modalità di sviluppo dell'intelligenza.
L'approdo di Piaget alla psicologia (Piaget rifiutava l'appellativo di psicologo) avviene nell'ambito dei suoi studi epistemologici. Convinto del parallelismo tra la genesi dei processi mentali nel bambino e il progresso compiuto nell'organizzazione razionale della conoscenza, Piaget indaga la genesi e lo sviluppo delle strutture mentali nel bambino per «esaminare su base empirica la natura dei concetti e dei principi che i filosofi discutono in modo aprioristico» (Geymonat) trasformando la psicologia evolutiva in fondamento sperimentale e sede di verifica della teoria della conoscenza.
2 Il costruttivismo
Il pensiero e il linguaggio si sviluppano secondo Piaget attraverso un continuo processo di adattamento consistente in un momento di equilibrio dinamico tra l'assimilazione dei dati empirici a schemi precedenti di comportamento e l'adattamento o ristrutturazione degli schemi già posseduti in base ai nuovi dati.
Il costruttivismo, così è definita questa modalità di sviluppo, implica il ruolo fondamentale dell'esperienza e dell'apprendimento nel determinare lo sviluppo delle strutture del pensiero ed esclude ogni innatismo, a cui riserva solo la base biologica del funzionamento dell'intelligenza, che del resto non può svilupparsi che attraverso un’organizzazione di azioni successive esercitata sugli oggetti.
Il concetto spazio-temporale ad esempio, che ampia parte della tradizione filosofica attribuisce a un’intuizione a priori (si veda per tutti Kant) viene acquisito dal bambino solo in fase avanzata. Il tempo è dapprima connesso e dipendente dallo spazio, che in un primo momento è esso stesso percepito in modo rudimentale. Solo attraverso un lungo processo di adattamento il bambino impara ad afferrare le relazioni spaziali e a coordinarle in un sistema prospettico indipendente dal proprio corpo e a stabilire relazioni temporali.
La stessa percezione, avviata da movimenti casuali dell'occhio, si affina attraverso una serie di graduali correzioni prima di diventare capace di attribuire aspetti e dimensioni costanti agli oggetti.
3 L'epistemologia genetica
Disciplina iniziata da Piaget che parte dall'ipotesi del parallelismo tra lo sviluppo del pensiero nel bambino e l'evoluzione del pensiero umano in generale.
Lo studio della genesi dei processi cognitivi nel bambino consente di mettere a fuoco su base sperimentale i problemi relativi alla conoscenza a cui l'epistemologia cerca di fornire una risposta.
Le linee di fondo del programma epistemologico e psicologico di Piaget sono enunciate nell'articolo Psicologia e critica della conoscenza pubblicato nel 1925, trovano riscontro in una lunga serie di affascinanti opere (cfr. in particolare Introduzione alla psicologia genetica, 1950), tendenti a porre in luce lo sviluppo:
1. dell'intelligenza (Lo sviluppo mentale del bambino, Il giudizio e il ragionamento nel bambino, 1924),
2. del linguaggio (Il linguaggio e il pensiero nel bambino, 1924),
3. del giudizio morale (Il giudizio morale nel bambino, 1932),
4. del concetto di tempo (Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, 1941),
5. del concetto di spazio (La rappresentazione dello spazio nel bambino, 1948),
6. del concetto di numero (La genesi del numero nel bambino, 1948)
per trovare, infine, coronamento nel 1954 nella fondazione a Ginevra del Centro internazionale e interdisciplinare di epistemologia genetica a cui collaborano psicologi, logici ed epistemologi.
4 Una fonte necessaria della Consistency
Consistenza, l'inesplorata sesta Lezione di Calvino ritiene che Piaget e non Chomsky fornisca i fondamenti epistemologici alla conferenza. Riportiamo l'impostazione della questione e le conclusioni del ragionamento.
Riassumiamo i termini del ragionamento così come licenziato dall’Esattezza: due epistemologie a confronto, due diverse «implicazioni nella filosofia della scienza» (I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1988, p. 69). In che cosa «il principio dell’“ordine dal rumore”» e il «self-organizing-system» differiscono? Quali sono le conseguenze epistemologiche che ne discendono? Se, come dicevamo più sopra, l’opposizione tra i due paradigmi s’innesta sulla coppia innatismo/empirismo, è inevitabile l’incagliarsi sui fondali bassi e vischiosi di una questione annosa e complessa per la quale non c’è alta marea liberatoria. Annosa: in quanto l’opposizione ha modulato nelle fattezze di essere e divenire la filosofia sin dai tempi di Eraclito e Parmenide, per rimbalzare in età moderna a segnare lo spartiacque tra una matrice conoscitiva fondata su un ordine ideale di essenze intellettuali e di sostanze metafisiche e una matrice fondata al di fuori di una dimensione di razionalità precostituita; infine non ha mancato, in tempi più vicini, di marcare sia la rifondazione di una scienza in crisi, sia le posizioni epistemologiche che hanno evidenziato i limiti di tale ricostituzione. Complessa: perché innatismo ed empirismo sono i profili simmetrici e antagonisti di un vaso di Pandora trattenente le questioni che dividono trasversalmente lo stato attuale del sapere in due contrapposti statuti epistemologici. Scoprirlo vuol dire invischiarsi in un groviglio privo di bandolo, che nemmeno il consesso di scienziati riuniti da Piattelli-Palmarini a Royaumont (cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, p. 337) ha potuto sdipanare, non riuscendo nessuna delle parti a mettere in campo ragioni sufficienti per falsificare l’altra. Il nocciolo del confronto tra Chomsky e Piaget è relativo – come evidenzia Calvino riprendendo il titolo del volume degli atti del simposio – «alle teorie sul linguaggio e sulle capacità di apprendimento» (I. Calvino, Lezioni americane, cit., p. 69). La loro chiarificazione necessitando di basi biologiche, sconfina in un campo che per essere terra di frontiera tra due opposte concezioni della scienza viene a coinvolgere l’intero quadro scientifico. Non a caso accanto a etnologi, linguisti, antropologi, psicologi, sociologi si sono confrontati fisici chimici biologi genetisti, divisi tra chi muove da formulazioni di stampo innatista, convalidando quindi una concezione dei processi cognitivi preformati sulla specifica base biologica della specie umana, e chi ritiene determinante il ruolo dell’esperienza nella formazione delle strutture cognitive, lasciando aperta la continuità animale-uomo. Posta in questi termini la questione, se riesce a dare un’idea del confronto sotteso a cristallo e fiamma, non riesce però a tradurre con sufficiente approssimazione l’intera problematica, perché se è vero che il paradigma del cristallo si muove nell’habitat dell’armamentario innatista, la fiamma introduce un punto di vista che solo apparentemente ricalca le batterie opposte. Il suo punto di osservazione infatti pur collocandosi nell’alveo empirista assume rispetto a innatismo ed empirismo quella distanza propria del regard éloigné che consente di tracciare una terza via. Riformuliamo la questione muovendo da questo punto di vista. Secondo il primo modello la realtà è concepita come una collezione di oggetti, ognuno dotato di proprietà completamente determinate dal suo stato fisico. Non importa se gli oggetti sono plasmati su quelle evidenze della realtà del mondo fenomenico, che a un capo annodano il mondo platonico delle idee e all’altro l’edificio positivista, o se appartengono al mondo rarefatto dei sistemi formali sul quale l’empirismo logico si era impegnato a rifondare l’unità della scienza andata in frantumi. Da questo punto di vista platonismo e neoempirismo logico sono paritetici. Gli oggetti godono di un ordine ideale assoluto predeterminato di inesorabile evidenza. Parallelo a quest’ordine corre l’atto cognitivo che riproduce esattamente come su una lastra fotografica tale ordine, secondo un processo progressivo e inarrestabile. Lo stretto isomorfismo tra il dentro e il fuori implica in parallelo all’oggettività degli oggetti e delle leggi immutabili (esse stesse oggetti) che li reggono, un modello concettuale altrettanto sorretto da leggi immutabili ed eterne, innate per l’appunto. Non a caso immutabili sono le strutture affermate dalla logica. Per il secondo modello non ci sono evidenze preformate. Fondamentale si pone il ruolo del soggetto nella definizione dell’oggetto, ineludibile è il ruolo svolto dalla specificità delle sue matrici mentali. Oggetto e soggetto sono solidali. La realtà pur dotata di un suo statuto autonomo, nel momento in cui entra nel processo cognitivo passa attraverso filtri (organi sensoriali e processi mentali) che la interpretano e deformano. Il concetto di oggettività perde le valenze dell’evidenza e dell’immediatezza per diventare una convenzione. Parimenti viene meno il modello concettuale preformato, mentre diventano fondamentali sia la genesi, il contesto di scoperta e lo sviluppo storico delle conoscenze, sia i processi mentali che presiedono alla loro formazione. In questo approccio non è più l’oggetto che con la sua evidenza crea la disciplina, ma è l’insieme dei processi storici e concettuali della teoria a creare l’oggetto. Dalla struttura formale e concettuale della teoria dipende l’indagine dell’oggetto. La realtà non è più ordinata in un edificio di discipline gerarchicamente definite in base al grado di complessità dei suoi oggetti, ma è frammentata in molteplici livelli che possono di volta in volta variare con il variare di premesse e assunti metodologici. I criteri comtiani di “complessità crescente” e di “generalità decrescente”, che ordinavano linearmente realtà e scienza ridotte a leggi semplici ed evidenti, cedono il posto a un groviglio, dove i processi non più unidirezionali fanno capo non a un sistema ordinatore ma a un contesto scientifico-epistemologico frammentato in modi e livelli d’indagine. Per dirla con la Molteplicità, «la scienza diffida dalle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche» (p. 110). È una posizione sostanzialmente antiriduzionista e ciò dimostra quanto sia complessa la posta in gioco tra i due paradigmi in questione, se implicano la coppia riduzionismo/olismo. È possibile ridurre la realtà e con lei la conoscenza in elementi semplici soggiacenti, in grado di spiegare i fenomeni emergenti? Oppure ha ragione chi dice che “l’intero è più della somma delle sue parti”? Con le implicazioni che ne seguono: a) materialistiche nel primo e b) finalistiche nel secondo, con b1) tinte mistiche nel caso del ricorso all’intervento divino e b2) teleonomiche (cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, p. 343) quando, pur negando l’atto creativo esterno, si ricorre a qualche forma di scintilla che avrebbe innescato i processi vitali.
(A. Piacentini, Consistenza, l'inesplorata sesta Lezione di Calvino, pp. 88-91)
È evidente perché abbiamo insistito su Piaget. Piaget non solo è genericamente in linea con la filosofia della continuità che impregna le Lezioni, ma nutre il nucleo duro della Consistency nel senso che le sue conclusioni fanno da fondamento scientifico alla Consistency. Le sue conclusioni estendono il ragionamento della Visibilità, allorché con Giordano Bruno e Douglas Hofstadter si definiva la profondità dei processi mentali. Piaget spinge il discorso ancora più in là, appoggiando questi processi su una base biologica che attraversa gli altri esseri viventi e i processi fisico-chimici. Il suo ragionamento estende, secondo una progressione ascendente e discendente nel contempo, l’arco della Visibilità. Ascendente in quanto ne sviluppa il ragionamento e discendente in quanto si spinge ancora più in profondità di Bruno e Hofstadter fino a raggiungere i processi biologici che fanno da base sia ai processi neurali, sia alle immagini da essi prodotti. Il pensiero di Piaget, portato in superficie come quello di Bruno e di Hofstadter, o lasciato tra le pieghe come quello di Prigogine nella Molteplicità, non può non essere una fonte necessaria della Consistency. È in perfetta simmetria con il movimento discendente che ha “abbassato” le immagini piovute dal cielo del Purgatorio dantesco, prima fino al sinus di Giordano Bruno – profondo tanto quanto estesi sono gli spazi infiniti che è capace di immaginare – e poi ai processi dei circuiti mentali di Hofstadter (cfr. Tra il cristallo e la fiamma, pp. 417 e sgg.). Il costruttivismo di Piaget va ancora più in profondità di Bruno e Hofstadter: si estende alle vie intermedie tra gli schemi mentali e i cicli biologici e da questi si spinge fino alle strutture dissipative per ricomporre una continuità tra i processi fisico-chimici, le forme più elementari della vita e le espressioni più elevate del pensiero. Piaget fornisce una base epistemologicamente rigorosa alla continuità tra natura e cultura, tra passato e presente, tra cose e animale, tra animale e uomo. Con Piaget il quadro mitologico delle Lezioni si trasfigura in quadro epistemologico. La Consistency in modo simmetrico all’Esattezza fornisce le basi epistemologiche alla Visibilità come l’Esattezza alla Leggerezza. Tout se tient.
(A. Piacentini, Consistenza, l'inesplorata sesta Lezione di Calvino, pp. 99-100)
Voci correlate
La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.