Le Lezioni americane
Introduzione
Le Lezioni americane raccolgono le conferenze che la morte impedì a Calvino di leggere all’università di Harvard nell’anno accademico 1985-86.
Sei conferenze incorniciate in un macrotesto, ciascuna dedicata a una specificità della letteratura: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, consistenza. L’ultima non fu scritta, benché ben stagliata nella mente dell’autore.
Specificità insolite si dirà, ma non piovute dal cielo. Sono nodi di idee che da sempre avevano orientato subliminalmente la narrativa di Calvino e che nella maturità prendono la forma compiuta del sistema.
Sulla falsariga di queste specificità, Calvino dà conto della sua storia, scucendo con una dovizia insolita la borsa del suo vissuto di scrittore. Le Lezioni americane sono l’autobiografia vanamente inseguita da tempo. Dall’osservatorio delle Lezioni è possibile ripercorrere l’intera esperienza di Calvino narratore e saggista. Le Lezioni americane sono la summa di Calvino.
Peraltro essendo Calvino convinto che il racconto autobiografico ha un senso se trascende il self... che il singularis ha un senso se proiettato nell’universalis, parla di sé attraverso gli altri. Sull’autobiografia si sovrimprime una storia letteraria. Genealogie, orientamenti, tendenze, stili, cortocircuiti tra autori lontani nel tempo e per gusto, immagini, generi, nel ripercorrere il self di Calvino ricompongono il polifonico ordito della letteratura. Le Lezioni americane sono una storia letteraria senza confini di tempo e di spazio.
D’altra parte inseguendo da sempre un’idea di letteratura come conoscenza, Calvino non si limita all’immaginario letterario. Spazia in scienza e filosofia, senza imitarne però il linguaggio criptico. Colleziona immagini di scienziati-scrittori e di scrittori-scienziati che trattano di filosofia, non per mestiere, ma per esservi inciampati nella pratica quotidiana. Le Lezioni americane ricompongono il complesso quadro epistemologico del post-moderno nella suggestione del racconto.
E non si accontenta Calvino delle smaliziate tecniche interrogative della scienza. Affonda nell’immaginario mitico, folclorico, astrologico, alchemico, fiabesco non per vezzo, ma con la convinzione che le immagini ingenue di mito e folclore hanno dato forma alla stessa sete conoscitiva di scienza e filosofia. Il binomio fantasia e scienza unisce passato e presente. Le Lezioni americane sono una summa dell’immaginario occidentale.
Per sostenere questo ardito intreccio di livelli Calvino adotta una soluzione narrativa piuttosto insolita, che poteva riuscire solo alla sua tempra di scrittore: costruisce un racconto ipertestuale sul tradizionale supporto cartaceo.
Una struttura modulare
Tra il cristallo e la fiamma
Tra il cristallo e la fiamma con le sue 632 pagine entra nella complessa trama delle Lezioni americane decodificandone contenuti, significati e immagini alla luce della variegata opera di Italo Calvino e dell’immaginario che l’ha nutrita.
«Con la ricerca di Adriano Piacentini... il menage à trois di letteratura, filosofia e scienza, passa al vaglio dell’io di uno studioso che ha rivissuto la vicenda calviniana, misurandosi col fascino di una summa letteraria Occidentale con tutte le sue tensioni cognitive» (Maria Corti).
Le 1150 voci dell’Indice analitico consentono una snella ricapitolazione degli argomenti, dei luoghi calviniani e delle problematiche ad essi connesse.
Indice analitico
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«Il Rinascimento shakespeariano conosce gli influssi eterei che connettono macrocosmo e microcosmo, dal firmamento neoplatonico agli spiriti dei metalli che si trasformano nel crogiolo degli alchimisti».
«Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni?»
I messaggi del DNA ci vogliono «dimostrare che il mondo si regge su entità sottilissime».
«L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia».
«Questo legame tra le scelte formali della composizione letteraria e il bisogno di un modello cosmologico (ossia d’un quadro mitologico generale) credo sia presente anche negli autori che non lo dichiarano in modo esplicito».
«Il Rinascimento shakespeariano conosce gli influssi eterei che connettono macrocosmo e microcosmo, dal firmamento neoplatonico agli spiriti dei metalli che si trasformano nel crogiolo degli alchimisti».
«Il mio mondo immaginario è stato influenzato per prima cosa dalle figure del “Corriere dei Piccoli”».
È una costante delle Lezioni il nutrimento scientifico.
«Come si forma l’immaginario d’un’epoca in cui la letteratura non si richiama più a un’autorità?
«In realtà il problema che Leopardi affronta è speculativo e metafisico, un problema che domina la storia della filosofia da Parmenide a Descartes a Kant: il rapporto tra l’idea d’infinito come spazio assoluto e tempo assoluto, e la nostra cognizione empirica dello spazio e del tempo».
«Anche Galileo vedrà nell’alfabeto il modello d’ogni combinatoria d’unità minime... Poi Leibniz...».
«Il 6 giugno 1984 Calvino fu ufficialmente invitato dall'Università di Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures».
È una pietra di paragone per il sistema Calvino.
L'universo della Nouvelle critique fa da sfondo al sistema dei Six memos.
«Come il paradosso d’un insieme infinito che contiene altri insiemi infiniti».
Scudo di Perseo
Lo scudo di Perseo reinterpreta un punto di vista risalente all'Asino d'oro di Lucio Apuleio, le metamorfosi che celano la favola di Amore e Psiche.
Associare Calvino allo strutturalismo è quasi un automatismo, ma di che genere è lo strutturalismo di Calvino?
È una costante delle Lezioni il nutrimento scientifico.
«Una certa quantità di rumore che disturba l’essenzialità dell’informazione».
«Un maestro della critica stilistica italiana, Gianfranco Contini».
Fonti delle Lezioni
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Lucio Apuleio è una fonte nascosta del sistema Calvino sin dal Sentiero dei nidi di ragno. Le Metamorfosi o L'asino d'oro (Asinus aureus),- il romanzo di Amore e Psiche - offrono lo statuto di punto di vista variamente interpretato da Calvino.
C’è il testo plurimo, che sostituisce alla unicità d’un io pensante una molteplicità di soggetti, di voci, di sguardi sul mondo, secondo quel modello che Michail Bachtin ha chiamato «dialogico» o «polifonico» o «carnevalesco», rintracciandone gli antecedenti da Platone a Rabelais a Dostojevski.
Roland Barthes, si domandava se non fosse possibile concepire una scienza dell’unico e dell’irrepetibile... Una Mathesis singularis e non più universalis?
Ho trovato le citazioni di Goethe e di Lichtenberg nell’affascinante libro di Hans Blumenberg, Die Lesbarkeit der Welt (La leggibilità del mondo).
Un tema niente affatto leggero come la sofferenza d’amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce.
Ma non potrebbe verificarsi ciò che avviene nei quadri di Escher che Douglas R. Hofstadter cita per illustrare il paradosso di Gödel?
Il passo che avete ascoltato figura all’inizio del romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda.
...in modo analogo se lo pone uno studioso dell’intelligenza come Douglas Hofstadter nel suo famoso volume Gödel, Escher, Bach, dove il vero problema è quello della scelta tra varie immagini «piovute» nella fantasia.
Vorrei chiudere questa conferenza ricordando un racconto di Kafka, Der Kübelreiter (Il cavaliere del secchio).
La gravità senza peso di cui ho parlato a proposito di Cavalcanti riaffiora nell’epoca di Cervantes e di Shakespeare: è quella speciale connessione tra melanconia e umorismo, che è stata studiata in Saturn and Melancholy da Klibansky, Panofsky, Saxl.
Un altro esempio di ciò che chiamo «iper-romanzo» è La vie mode d’emploi (La vita istruzioni per l'uso) di Georges Perec [...] Non per niente Perec è stato il più inventivo dei partecipanti all’Oulipo (Ouvroir de littérature potentielle) fondato dal suo maestro Raymond Queneau.
Cito dall’introduzione di Massimo Piattelli-Palmarini al volume del dibattito tra Jean Piaget e Noam Chomsky al Centre Royaumont (Théories du langage - Théories de l’apprentissage, Éd. du Seuil, Paris, 1980).
Le strutture dissipative di Ilya Prigogine sono la fonte nascosta della Molteplicità, la conferenza sulla rete di relazioni tra le cose aperta dalla triade Carlo Emilio Gadda, Robert Musil, Marcel Proust.
Gli affascinanti studi di Frances Yates sulla filosofia occulta nel Rinascimento e i loro echi nella letteratura elisabettiana fanno da sfondo alle mie riflessioni.
Tra i libri italiani degli ultimi anni quello che ho più letto, riletto e meditato è la Breve storia dell’infinito di Paolo Zellini (Milano, Adelphi 1980) che s’apre con la famosa invettiva di Jorge Luis Borges.
Anche qui devo riferirmi a una lettura occasionale, ma alle volte idee chiarificanti nascono dalla lettura di libri strani e difficilmente classificabili dal punto di vista del rigore accademico. Il libro in questione, che ho letto quando studiavo la simbologia dei tarocchi, si intitola Histoire de notre image, di André Virel.