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Giorgio de Santillana

Giorgio de Santillana (1901-1974) storico della scienza. Nato a Roma, emigrò nel 1938 negli Stati Uniti per sfuggire alle leggi razziali.


Il mulino di Amleto

È l’opera nella quale Santillana, in collaborazione con l’etnologa Dechend, partendo dal retroterra dell’Amleto shakespeariano, percorre vertiginosamente come in una fuga musicale miti di tutti i tempi e di ogni continente, per svelare dietro l’apparente incapacità di Amleto l’antica ombra del Fato e le tracce remote di una necessità, a cui non sfuggono nemmeno gli dèi, cadenzata dal numero e dai lentissimi movimenti del cielo, registrati con assoluta precisione sin dai tempi più remoti.

Le numerose versioni, distribuite nei miti di ogni continente, di una grande macina sbalzata dal suo perno sono l’immagine dei lentissimi movimenti della volta celeste che l’effetto della precessione degli equinozi sbalza, come per una «disgrazia iniziale», dal consueto orientamento, dando avvio al «triste divenire».

Questo è il Mulino d’Amleto: Fato e Necessità che regolano le cadenze del cielo e della terra a cui nessuno può sottrarsi.


Fato e necessità

Una conferenza che Santillana fece per l’ACI in varie città italiane nel 1963, e più tardi riproposta in apertura di un «libro piccolo di mole quanto denso e affascinante di contenuto».


Giorgio de Santillana


I. Calvino, Lezioni americane: Esattezza

Queste notizie provengono da una conferenza di Giorgio de Santillana sulla precisione degli antichi nell’osservare i fenomeni celesti: una conferenza che ascoltai in Italia nel 1963 e che ebbe una profonda influenza su di me. Da quando sono qui ripenso spesso a Santillana, perché fu lui a farmi da guida nel Massachusetts al tempo della mia prima visita in questo paese nel 1960. In memoria della sua amicizia, apro questa conferenza sull’esattezza in letteratura col nome di Maat, dea della bilancia. Tanto più che la Bilancia è il mio segno zodiacale.





copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile

 

1 Note biografiche


«Giorgio de Santillana (1901-1974), romano, vissuto per trentacinque anni o più negli Stati Uniti dove era professore al M.I.T., è stato uno storico della scienza (Processo a Galileo è uno dei suoi libri più noti) che nella sua indagine sulla storia del pensiero soprattutto matematico e astronomico ha dato largo spazio al mito (“primo linguaggio scientifico”) e all’immaginazione letteraria» (I. Calvino, Fato antico e fato moderno di Giorgio de Santillana, in Saggi p. 2085).

Curatore della prima moderna traduzione inglese del Dialogo dei due massimi sistemi del mondo (Dialogue on the Two Great Systems, Chicago 1953), Santillana è autore di numerose opere, alcune disponibili anche in italiano: Compendio di storia del pensiero scientifico (1946, in collaborazione con F. Enriques), Le origini del pensiero scientifico (Sansoni, 1966), Processo a Galileo (1960), Fato antico e Fato moderno (Adelphi, 1986) e, in collaborazione con Herta von Dechend, Il mulino di Amleto (Adelphi, 1983), ampio «saggio sul mito e sulla struttura del tempo».





2 Il mulino di Amleto

Copertina del Mulino d'Amleto

È l’opera nella quale Santillana, in collaborazione con l’etnologa Dechend, partendo dal retroterra dell’Amleto shakespeariano, percorre vertiginosamente come in una fuga musicale miti di tutti i tempi e di ogni continente, per svelare dietro l’apparente incapacità di Amleto l’antica ombra del Fato e le tracce remote di una necessità, a cui non sfuggono nemmeno gli dèi, cadenzata dal numero e dai lentissimi movimenti del cielo, registrati con assoluta precisione sin dai tempi più remoti.

Le numerose versioni, distribuite nei miti di ogni continente, di una grande macina sbalzata dal suo perno sono l’immagine dei lentissimi movimenti della volta celeste che l’effetto della precessione degli equinozi sbalza, come per una «disgrazia iniziale», dal consueto orientamento, dando avvio al «triste divenire».

Questo è il Mulino d’Amleto: Fato e Necessità che regolano le cadenze del cielo e della terra a cui nessuno può sottrarsi.

Ma vediamo quanto Calvino dice a proposito di quest’opera.

La sua monumentale opera Il mulino di Amleto, scritta in collaborazione con una etnologa tedesca (allieva di Frobenius), Herta von Dechend, ha per sottotitolo Saggio sul mito e sulla struttura del tempo ed è paragonabile al Ramo d’oro di Frazer per la sterminata ricchezza di fonti antropologiche e letterarie che intesse in una fitta rete attorno a un tema comune. La chiave di tutti i miti, che per Frazer era il sacrificio rituale del re e i culti della vegetazione, per Santillana-Dechend sono le regolarità del tempo zodiacale e i suoi cambiamenti irreversibili su lunghissima scala (precessione degli equinozi) dovuti all’inclinazione dell’eclittica rispetto all’equatore. L’umanità porta con sé una memoria remota degli spostamenti celesti, tanto che tutte le mitologie conservano la traccia d’avvenimenti che si producono ogni 2400 anni circa, quali il cambiamento del segno zodiacale in cui si trova il sole all’equinozio; non solo, ma quasi altrettanto antica è la previsione che l’incessante lentissimo movimento del firmamento si saldi in un immenso ciclo o Grande Anno (26.900 anni dei nostri).
I crepuscoli degli dèi registrati o previsti in varie mitologie si collegano a queste ricorrenze astronomiche; saghe e poemi celebrano la fine dei tempi e l’inizio d’ere nuove, quando “i figli degli dèi uccisi troveranno nell’erba i pezzi tutti d’oro del gioco di scacchi che fu interrotto dalla catastrofe”. Risalendo dalle fonti della leggenda d’Amleto nelle cronache danesi e nelle mitologie nordiche, e coinvolgendo poi africani Dogon, induismo, Aztechi, autori greci e latini, Santillana e Dechend rintracciano l’affiorare d’una prima problematica filosofica: l’idea d’un cosmo ordinato le cui norme risultano sconvolte da una catastrofe fisica e morale; e, in risposta a ciò, l’aspirazione al ritrovamento d’un’armonia (I. Calvino, Fato antico e fato moderno di Giorgio de Santillana, in Saggi pp. 2086-87).





3 Fato antico e fato moderno: Una conferenza che ascoltai in Italia nel 1963 e che ebbe una profonda influenza su di me

Copertina di Fato antico e fato moderno
Una conferenza che Santillana fece per l’ACI in varie città italiane nel 1963, e pubblicò poi su «Tempo presente» di Nicola Chiaromonte (in quegli anni una delle più belle riviste italiane) (I. Calvino, Fato antico e fato moderno di Giorgio de Santillana, in Saggi, p. 2088).

Più tardi la conferenza fu riproposta in apertura di un «libro piccolo di mole quanto denso e affascinante di contenuto» Fato antico e fato moderno, al quale dà il titolo.

Ascoltando la conferenza nel 1963, ne ebbi come la rivelazione d’un nodo di idee che forse già ronzavano confusamente nella mia testa ma che m’era difficile da esprimere; e sarebbero state difficili da esprimere anche dopo, ma da quel momento sono stato cosciente d’una distanza da colmare, d’un qualcosa a cui “far fronte”. (Santillana: “Ed è cosa da poco che il nome stesso della scienza in greco, epistéme, significhi far fronte?”). Dico l’idea che nessuna storia e nessun pensiero[1] umani possano darsi se non situandoli in rapporto a tutto ciò che esiste indipendentemente dall’uomo; l’idea d’un sapere in cui il mondo della scienza moderna e quello della sapienza antica si riunifichino (I. Calvino, Fato antico e fato moderno di Giorgio de Santillana, in Saggi, p. 2088).

È l’intelaiatura della conferenza e degli altri tre saggi raccolti in Fato antico e fato moderno, ma è anche il filo conduttore del percorso di Santillana attraverso gli sviluppi del pensiero scientifico al cui riguardo Calvino è stato appassionatamente sensibile.

La maestosa incisione sul portale dell’Esattezza del geroglifico di Maat non suona allora soltanto come un affettuoso omaggio all’amico scomparso.

Come «gli oscuri testi delle Piramidi [...] sono istruzioni di rotta per l’anima del re, morto in tali e tali situazioni astrali, perché possa trovare la sua via verso il luogo del cielo che gli sarà assegnato come eterno soggiorno» (G. de Santillana, Fato antico e fato moderno, p. 19) l’omaggio a Santillana vuole suggerire la mappa di quella saldatura, trasversale ai Six memos, tra mito e logos, tra passato e presente e tra presente e la sua proiezione, che incontra nell’approccio esistenziale della Leggerezza, nelle manipolazioni temporali della Rapidità e nelle prospezioni razionali dell’Esattezza epifanie via via diverse.

Nell’omaggio a Santillana Calvino vuol mettere a fuoco una traccia profonda dei Six memos, quel percorso antico tracciato dall’uomo che risponde al Fato «con il movimento stesso dell’intelligenza, che comprende più ancora che non giudichi, e talora giudica per comprendere, pronto a giudicare diversamente quando si tratta di comprendere una cosa diversa» (I. Calvino, Fato antico e fato moderno di Giorgio de Santillana, in Saggi p. 2091). Con quel «sense of humour» e con quell’«empatia umana» che Santillana – dice Calvino, ma alla sottolineatura si può attribuire una valenza autobiografica – non ha mai dimenticato.






 4 L'antica origine di Amleto

Le figure dello zio usurpatore e del nipote che si vendica fingendosi pazzo, motivo centrale del dramma shakespeariano, vengono rintracciate da Santillana-Dechend ben oltre i confini delle fonti classiche comunemente accettate.

Muovendo dalle fonti immediate del dramma shakespeariano, le saghe nordiche di Saxo Grammaticus, poste a confronto con il vasto repertorio antropologico e letterario del Mulino di Amleto, Santillana-Dechend dimostrano l'universalità e la remota origine della figura dell'apparente incapace, dietro il quale si cela «l'ambivalente potenza dispensatrice del bene e del male».

«Amleto non deve essere visto come un eroico disadattato, ma come un distributore di giustizia. Shakespeare coglie esattamente nel segno: evita di recuperare l'elemento brutale ed eroico necessario alla saga e fa di tutto il dramma un dramma della mente. Alla luce di una chiarezza superiore, chi può sfuggire alla frusta?»






3 Rip Van Winkle nella lettura di Santillana

C’è una favola americana di colore autoctono che ancora si racconta ai bambini: è quella di Rip Van Winkle, che andato a far legna nel bosco si addormentò. Ed ecco che sognò di trovarsi sulla tolda della nave di Hendrick Hudson, il grande antenato navigatore, e di vedere lui e i suoi compagni giocare a bocce con grandi palle di cannone. Guardava e guardava, e poi si svegliò, e tornò al villaggio, e trovò che nessuno lo conosceva perché erano passati trecento anni.
È una fiaba che sembra nata tra i primi coloni di New York, ma quando l’etnologo scopre che ve ne sono versioni in ogni clima che vanno indietro migliaia d’anni, e diventano più chiare quanto più si va indietro, si deve pur concludere che questo è un grande mito astronomico: i numi che lanciano le loro sfere tonanti sulla tolda del cielo. E al contemplatore assorto nei calcoli mille anni diventano come un minuto. Questo era un modo di superare il Fato; passando dal tempo all’eternità, facendo della Necessità una libera creazione. È il modo dei grandi matematici d’ogni tempo. A questo si ricollega un’usanza dei Maya dello Yucatán, i quali avevano in ogni loro città un grande cortile da gioco, detto il “campo di gioco delle stelle” (per gli americanisti Star Ball Court). In esso, in certe occasioni solenni, attori raffiguranti i numi giocavano secondo strette regole, facendo passare la palla attraverso anelli disposti a mezzo campo: e i loro nomi indicavano solo certe datazioni del calendario astronomico (Giorgio de Santillana, Fato antico e fato moderno, p. 17-18).


Note

[1]  L’osservazione sembra riproporre un passo che nel saggio dedicato a Parmenide, Santillana prende da Goete per descrivere l’atteggiamento della mentalità scientifica: «L’uomo conosce se stesso soltanto nella misura in cui conosce il mondo, del quale può essere consapevole solamente in se stesso, così come può essere consapevole di se stesso soltanto nel mondo. Ogni nuovo oggetto, considerato giustamente, apre in noi un nuovo organo di percezione» (Giorgio de Santillana, Fato antico e fato moderno, p. 115).





Voci correlate

Precessione degli equinozi

Amleto

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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