Il plot
Ogni notte Cupido raggiunge Psiche nel palazzo incantato dove la custodisce prigioniera e, prima che il carro dell’Aurora verghi di porpora il cielo, si dilegua, sottraendosi alle tenere effusioni dell’amante. Psiche è felice di questo dorato ménage, ma aizzata dalle invidiose sorelle... Leggi...
L'interpretazione tradizionale di Amore e Psiche
La fortuna di Amore e Psiche non ha mai incontrato momenti di tregua. Dalla tarda antichità, al medioevo, al Rinascimento… ai nostri giorni Amore e Psiche non ha cessato di rimestare l’immaginario di artisti, di scrittori, di poeti, di lettori.
Dove sta il segreto di un successo perpetuato in circa millecinquecento varianti in tutto il mondo? Leggi...
Un ragionamento sull'eros
Prendiamo ad esempio l'icona più famosa di Amore e Psiche e dello stesso Asino d'oro, ossia la scena della lucerna. Leggi...
Il plot
Ogni notte Cupido raggiunge Psiche nel palazzo incantato dove la custodisce prigioniera e, prima che il carro dell’Aurora verghi di porpora il cielo, si dilegua, sottraendosi alle tenere effusioni dell’amante. Psiche è felice di questo dorato ménage, ma aizzata dalle invidiose sorelle che la convincono essere visitata da un immane serpente, una notte infrange la consegna impostole da Cupido: non cercare di vederne l’aspetto. Sollevando una lucerna s’avvicina all’amante dormiente armata di un rasoio. Con somma sorpresa la luce illumina la più tenera delle creature: nientemeno che il figlio di Venere, Cupido in persona.
Lo stupore è tale che la stessa lucerna vacilla, lasciandosi sfuggire una stilla d’olio bollente su Cupido, che, ridestato, immediatamente s’invola.
Psiche riesce fortunosamente a stringersi alla gamba destra dell’amante, ma la presa incerta la lascia ricadere di lì a poco. Comincia quindi a peregrinare per il mondo alla ricerca di Cupido, nel frattempo riparato dalla madre Venere per curarsi la piaga. Dopo un lungo errare e il superamento di diverse prove impostele da Venere, Psiche riuscirà a intenerire Cupido che convincerà Giove ad accoglierla in cielo, dove saranno celebrate felici nozze.
L'interpretazione tradizionale di Amore e Psiche
La fortuna di Amore e Psiche non ha mai incontrato momenti di tregua. Dalla tarda antichità, al medioevo, al Rinascimento… ai nostri giorni Amore e Psiche non ha cessato di rimestare l’immaginario di artisti, di scrittori, di poeti, di lettori.
Dove sta il segreto di un successo perpetuato in circa millecinquecento varianti in tutto il mondo?
Per sciogliere l’enigma non sono necessarie le sofisticate tecniche del metodo indiziario, il metodo di Sherlok Holms, per intenderci. Già il grammatico Fulgenzio pur con le procedure artigianali del VI secolo ci era arrivato. Psiche in greco vuol dire “anima” e nella caduta-espiazione-assunzione di Psiche non è difficile riconoscervi l’ascesa dell’anima a Dio.
E, gira e rigira, da allora in poi la con-fusione di Psiche con l'anima che vola in cielo è rimbalzata fino ai giorni nostri, sia pure riveduta e corretta o adattata.
Un ragionamento sull'eros
Molto adattata e corretta. Prendiamo ad esempio l'icona più famosa di Amore e Psiche e dello stesso Asino d'oro, ossia la scena della lucerna.
Istigata dalle invidiose sorelle che le hanno insinuato il dubbio che a farle passare quelle nottate da sogno sia un immanem colubrum, un immane serpente dalle spire infinite
Psiche, altrimenti debole di forze e di coraggio, incoraggiata dalla ferocia degli eventi, si fortifica nelle forze, e, protesa la lucerna e afferrato il rasoio, diviene virilmente audace. Ma non appena, per effetto del lume, si illuminarono i segreti del talamo, scorge di tutte le fiere la più mite e più bella creatura, proprio lui Cupido in persona, il dio grazioso graziosamente adagiato, alla cui vista anche il lume della lucerna rallegrato si ravviva e il rasoio si dispiace della sacrilega punta (V 22).
"Afferrato il rasoio" e non il pugnale o il coltello come per lo più i traduttori propongono, disorientati dal fatto che un rasoio è troppo poco adatto a recidere la testa di un serpente.
Il rasoio in questione (novacula) è il rasoio dei barbieri, il rasoio a mano libera, una lama che più affilata non si può e che s'impugna direttamente dal dorso. Non ha manico il novacula. E quello che potrebbe a prima vista passare per impugnatura è un astuccio nel quale ripiegare la lama per proteggerne il filo.
Hanno ragione i traduttori. Come si fa a tagliare la testa di un serpente con un'arma del genere? Ma se Apuleio reitera insistentemente novacula, non sostituendolo con dei sinonimi, avrà avuto le sue buone ragioni. Ma siccome i traduttori tirano la linguetta della teoria platonica dell'anima devono giustamente convertire il rasoio in un pugnale o in un coltello. Se invece tirassero la linguetta che converte il serpente nella metafora del piacere femminile capirebbero perché Apuleio insiste con rasoio. Anche allora come oggi la pratica di recidere alla radice il serpente fa ricorso a un’arma da taglio minuta, maneggevole, precisa come un rasoio.
Se non si forza il testo, tutto l'episodio di Amore e Psiche si rivela una catena di metafore dietro le quali Apuleio ragiona sull'eros e non con disquisizioni teoriche. Parla dell'eros con il rigore dello scienziato e la leggerezza del poeta, mantenendo integro tutto il fascino dell'eros, pur dando indicazioni concrete, come nei manuali. Basta tirare le linguette giuste.
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