Indecidibile
«Le chef-d’oeuvre inconnu, è stato commentato molte volte come una parabola sullo sviluppo dell’arte moderna. Leggendo l’ultimo di questi studi, quello di Hubert Damisch (in Fenêtre jaune cadmium, Éd. du Seuil, Paris 1984) ho capito che il racconto può anche essere letto come una parabola sulla letteratura, sul divario incolmabile tra espressione linguistica e esperienza sensibile, sulla inafferrabilità dell’immaginazione visiva. La prima versione contiene una definizione del fantastico come indefinibile:
“Pour toutes ces singularités, l’idiome moderne n’a qu’un mot: c’était indéfinissable... Admirable expression. Elle résume la littérature fantastique; elle dit tout ce qui échappe aux perceptions bornées de notre esprit; et quand vous l’avez placée sous les yeux d’un lecteur, il est lancé dans l’espace imaginaire...”.
Negli anni seguenti Balzac rifiuta la letteratura fantastica, che per lui aveva voluto dire l’arte come conoscenza mistica del tutto; intraprende la descrizione minuziosa del mondo com’è, sempre nella convinzione di esprimere il segreto della vita. Come Balzac ha lungamente esitato se fare di Frenhofer un veggente o un pazzo, il suo racconto continua a portare in sé un’ambiguità in cui sta la sua verità più profonda.
La fantasia dell’artista è un mondo di potenzialità che nessuna opera riuscirà a mettere in atto; quello di cui facciamo esperienza vivendo è un altro mondo, che risponde ad altre forme d’ordine e di disordine; gli strati di parole che s’accumulano sulle pagine come gli strati di colore sulla tela sono un altro mondo ancora, anch’esso infinito, ma più governabile, meno refrattario a una forma. Il rapporto tra i tre mondi è quell’indefinibile di cui parlava Balzac: o meglio, noi lo diremmo indecidibile, come il paradosso d’un insieme infinito che contiene altri insiemi infiniti». (I. Calvino, Lezioni americane: Visibilità)
«D’un solo aspetto della vita umana Plinio non si sente d’indicare primati o di tentare misurazioni e confronti: la felicità. Chi sia e chi non sia felice è indecidibile, in quanto dipende da criteri soggettivi e opinabili. («Felicitas cui praecipua fuerit homini, non est humani iudicii, cum prosperitatem ipsam alius alio modo et suopte ingenio quisque determinet, VII, 130). Se si vuol guardare in faccia la verità senza illusioni, nessun uomo può esser detto felice: e qui la casistica antropologica di Plinio allinea degli esempi di destini illustri (tratti soprattutto dalla storia romana), per dimostrare come gli uomini più favoriti dalla fortuna dovettero sopportare l’infelicità e la sventura».(I. Calvino, Il cielo, l’uomo, l’elefante (su Plinio il Vecchio), Saggi, pp. 924-25)
Voci correlate
La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.