1 Notizie biografiche
Di famiglia agiata poté ricevere un’educazione accurata, sia pure legata ai canoni della scolastica. Divenuto francescano nel 1520 approfondì gli studi umanistici e, per poter proseguire lo studio del greco, malvisto dai teologi, si trasferì in un convento benedettino, dove poté entrare in contatto con illustri umanisti.
Lasciata la vita conventuale (1527) diventò medico esercitando l’attività con successo. La pubblicazione di Gargantua e Pantagruel, avvenuta a più riprese, gli valse la condanna delle autorità ecclesiastiche e forti ostilità.
2 Gargantua e Pantagruel
Pubblicati tra il 1532 e il 1552 i quattro romanzi del ciclo di Gargantua e Pantagruel narrano le vicende di due giganti, padre e figlio, e dei loro esuberanti compagni.
L’intreccio delle avventure iperboliche e paradossali, guidate da una visione godereccia della vita, si snoda tra umori satirici e dissacratori, che non perdono occasione per colpire i contenuti della cultura dominante (dalla filosofia scolastica alla giustizia di tradizione medievale, alle superstizioni religiose, alla sterile erudizione...), con un linguaggio realistico, a cui non sfuggono le manifestazioni più materiali dell’esistenza.
Queste, le manifestazioni della più intensa vitalità, campeggiano a tutto tondo, costituendone un filo conduttore, forse il più evocativo e pregnante. Il corpo che nasce, che muore, che mangia e defeca, che si riproduce e invecchia, il corpo gioiosamente colto nel suo divenire fa da contrappunto costruttivo all’elemento demolitore della satira.
3 Rabelais nella lettura di Bachtin
3.1 Introduzione
La satira dissacratoria non poteva non procurare a Rabelais feroci inimicizie tra i destinatari dei suoi lazzi, né provvidenziali protezioni nel campo opposto. Schieramenti contrapposti hanno accompagnato anche in seguito la fortuna della sua attività letteraria, accolta ora come espressione geniale della riabilitazione della carne dopo l’ascetismo medioevale, ora come basso fisiologismo o naturalismo volgare.
Una linea interpretativa al di fuori delle tradizionali classificazioni viene tracciata da Michail Bachtin, che individua in Rabelais l’interprete e il portavoce della cultura comica popolare. Interpretare Rabelais significa «far luce sull’evoluzione millenaria della cultura comica popolare, di cui egli è stato il più autorevole portavoce in campo letterario».
Bachtin definisce con il termine di ‘realismo grottesco’ tale cultura comica, notando come l’elemento ‘basso’ materiale e corporeo ossia «le immagini del corpo, del mangiare e del bere, dei bisogni naturali, della vita sessuale» costituiscano l’espressione vitale e rigeneratrice dell’insieme del popolo, colto nel suo divenire ciclico di vita e di morte che Rabelais ha trasposto in letteratura.
3.2 La percezione comica del mondo e della vita
La percezione comica del mondo e della vita negli stadi più arcaici della civiltà godeva della stessa dignità riservata a quella seria. Culti comici di derisione della divinità (riso rituale) miti ed eroi parodici e ingiuriosi accompagnavano contestualmente la celebrazione di liturgie sacre e cerimonie ufficiali.
Una pullulante imagerie legata al principio materiale e corporeo della vita dominava questa visione comica con un traboccare di «immagini del corpo, del mangiare e del bere, dei bisogni naturali, della vita sessuale».
L’evoluzione delle società verso un ordinamento di classe e in seguito lo sviluppo del pensiero estetico ed artistico rinascimentale secondo i modelli della tradizione classica, hanno sospinto le manifestazioni comiche nell’ambito della cultura subalterna e delle sue feste, che nel carnevale avevano la loro apoteosi. È a questa cultura carnevalesca che Rabelais ha attinto, conferendole dignità letteraria.
Il clima specifico delle feste non è da ricondurre al bisogno fisiologico di riposo, ma a un rapporto essenziale con il tempo, ai momenti di svolta nella natura, nella società, nell’uomo (il nascere, il morire, il rinascere, l’avvicendarsi) che le feste ufficiali della società feudale, consacrando la verità eterna, immutabile, perentoria della classe dominante, snaturavano, ma che si potevano esprimere nel mondo alla rovescia del carnevale, pervaso dalla coscienza gioiosa della relatività delle verità e delle autorità dominanti.
I divertimenti di tipo carnevalesco e le altre manifestazioni della cultura comica popolare (le opere comiche verbali e le forme ‘volgari’ del linguaggio familiare e di piazza) sono pervase da questa visione rigenerativa del tempo, che si manifesta attraverso un processo di abbassamento di tutto ciò che è alto, spirituale, ideale ed astratto sul piano materiale e corporeo.
Nel realismo grottesco l’abbassamento di ciò che è alto non ha assolutamente un carattere formale o relativo. l’“alto” (verch) e il “basso” hanno qui un significato rigorosamente e unicamente topografico. L’alto è il cielo; il basso è la terra; la terra è il principio dell’assorbimento (la tomba, il ventre) ed è nello stesso tempo quello della nascita e della resurrezione (il seno materno). È questo il valore topografico dell’alto e del basso nel loro aspetto cosmico. Sotto l’aspetto propriamente corporeo, che non è mai del tutto separato con precisione dall’aspetto cosmico, l’alto è il volto (la testa), il basso gli organi genitali, il ventre e il deretano. È con questi significati assolutamente topografici che ha a che fare il realismo grottesco, ivi compresa la parodia medievale. L’abbassamento consiste, in questo caso, mondo,«L’accento è messo su quelle parti del corpo in cui esso è aperto al mondo esterno, in cui cioè il mondo penetra nel corpo o ne sporge, oppure in cui il corpo sporge sul mondo, quindi sugli orifizi, sulle protuberanze, su tutte le ramificazioni ed escrescenze: bocca spalancata, organi genitali, seno, fallo, grosso ventre, naso. Il corpo rivela la propria sostanza, come principio di crescita e di superamento dei propri limiti, soltanto in atti come l’accoppiamento, la gravidanza, il parto, la nascita, l’agonia, il mangiare, il bere e la defecazione. È un corpo eternamente non “dato”, che genera ed è generato senza tregua; è una maglia nella catena dell’evoluzione del genere umano, e, più esattamente, due maglie mostrate là dove esse si uniscono, dove entrano l’una nell’altra. Ciò è evidente soprattutto nel periodo arcaico del grottesco (M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, p. 32).
Appartenenti alla tradizione serio-comica e presenti in Boccaccio, in Shakespeare, in Cervantes le immagini del principio materiale e corporeo assumono una posizione predominante e iperbolizzata in Rabelais, dove sono espresse nella pienezza della loro forza ambivalente.
La ripresa nel Rinascimento dei canoni estetici classici per i quali il corpo appare rigidamente determinato e compiuto priverà il corpo, isolato dai rapporti con il corpo cosmico che l’ha generato, dell’ambivalenza dell’imagerie grottesca presente fino a tutto il medioevo.
Il suo riflesso continuerà a vivere in forma attenuata, variamente incrociato con l’humour di ascendenza melanconica e nell’umorismo, nella satira, nell’ironia di Swift, Sterne, Voltaire, Dickens, ma anche nel fantastico grottesco di Poe e dei romantici, nel simbolismo e nel surrealismo in particolare di Jarry.
Voci correlate
La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane
di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.