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Il castello dei destini incrociati

Una lettura del Castello dei destini incrociati a prescindere dallo strutturalismo


     Bembo  Marsiglia

Il Mago   Tarocchi di Marsiglia
Il Mago  Tarocchi di Marsiglia
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copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile


Un libro strano

 

Quando si parla del Castello dei destini incrociati, inevitabili sono gli accostamenti allo strutturalismo. Certamente lo strutturalismo ha avuto un ruolo fondamentale nella narrativa di Calvino e nella combinatoria del Castello dei destini incrociati, ma un ruolo, se non maggiore, senz’altro non minore, anche se poco studiato, l’hanno avuto la cibernetica e la teoria dell’informazione (cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, pp. 323 e sg.).

Lasceremo quindi da parte lo strutturalismo. Piuttosto sulla scorta di Tra il cristallo e la fiamma, tracciamo alcuni spunti che possono essere d’aiuto a suggerire una lettura del Castello dei destini incrociati non confinata nelle angustie strutturaliste.

«Alle volte idee chiarificanti nascono dalla lettura di libri strani e difficilmente classificabili dal punto di vista del rigore accademico», dice Calvino nella Rapidità.

Il libro strano a cui Calvino si riferisce è Histoire de nôtre image, «un libro di un matto» dirà altrove - «nei libri dei matti si trovano alle volte delle idee che servono» - «che divideva i tipi umani secondo due prototipi, due dei figli di Giove: Mercurio e Vulcano». (cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, pp. 174-182).

«Mercurio la sintonia, ossia la partecipazione al mondo intorno a noi; Vulcano la focalità, ossia la concentrazione costruttiva».

Calvino aveva letto «il libro in questione», - sono parole sue - «quando studiavo la simbologia dei tarocchi», il che significa che Histoire de notre image è una delle letture sulle quali il Nostro si è documentato in vista del Castello dei destini incrociati. Ma non si tratta di un libro qualunque, benché sia di un matto. Se tra le tante letture, Calvino sente il bisogno di segnalare il «libro di un matto» e lo fa prima nella circostanza impegnativa di un Discorso commemorativo e poi nientemeno che nelle Lezioni, dove per una serie di ragioni il numero delle fonti doveva essere contenuto il più possibile, significa: a) che quel libro ha lasciato tracce non secondaria nel sistema Calvino e b) che Calvino intendeva suggerire la pista perché qualcuno portasse in superficie quelle tracce.

Il Castello dei destini incrociati è stato scritto sotto la suggestione del «matto» André Virel.

Del resto leggendo le Lezioni americane spesso si raccoglie la sensazione (Cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, ad es. alla voce “Narrar breve”) che Calvino dissemini indizi, peraltro neanche dissimulati, sui suoi libri. Sembra che voglia suggerire piste fino allora inesplorate.

Ancora a proposito del Castello dei destini incrociati dice:

 L’operazione che ho compiuto in età matura, di ricavare delle storie dalla successione delle misteriose figure dei tarocchi, interpretando la stessa figura ogni volta in maniera diversa, certamente ha le sue radici in quel mio farneticare infantile su pagine piene di figure. È una sorta di iconologia fantastica che ho tentato nel Castello dei destini incrociati: non solo con i tarocchi, ma anche con i quadri della grande pittura. Difatti ho cercato d’interpretare le pitture di Carpaccio a San Giorgio degli Schiavoni a Venezia, seguendo i cicli di San Giorgio e di San Gerolamo come se fossero una storia unica, la vita d’una sola persona, e di identificare la mia vita con quella del Giorgio-Gerolamo. Questa iconologia fantastica è diventata il mio modo abituale di esprimere la mia grande passione per la pittura: ho adottato il metodo di raccontare le mie storie partendo da quadri famosi della storia dell’arte, o comunque da figure che esercitano su di me una suggestione. (Cfr. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, alle voci “Calvino, Il castello dei destini incrociati”; “San Gerolamo”; “San Giorgio”; e per il ruolo dei fumetti nel narrare di Calvino alle pp. 431-439).





Histoire de notre image


Mercurio e Vulcano più che nello statuto di divinità dell’Olimpo sono figure astrologiche che Calvino attinge da l'Histoire de notre image, di André Virel.

Secondo l'autore, uno studioso dell'immaginario collettivo di scuola - credo - junghiana, Mercurio e Vulcano rappresentano le due funzioni vitali inseparabili e complementari: Mercurio la sintonia, ossia la partecipazione al mondo intorno a noi; Vulcano la focalità, ossia la concentrazione costruttiva. Mercurio e Vulcano sono entrambi figli di Giove, il cui regno è quello della coscienza individualizzata e socializzata, ma per parte di madre Mercurio discende da Urano, il cui regno era quello del tempo «ciclofrenico» della continuità indifferenziata, e Vulcano discende da Saturno, il cui regno era quello del tempo «schizofrenico» dell'isolamento egocentrico. Saturno aveva detronizzato Urano, Giove aveva detronizzato Saturno; alla fine nel regno equilibrato e luminoso di Giove, Mercurio e Vulcano portano ognuno il ricordo d'uno degli oscuri regni primordiali, trasformando ciò che era malattia distruttiva in qualità positiva: sintonia e focalità.
Da quando ho letto questa spiegazione della contrapposizione e complementarità tra Mercurio e Vulcano, ho cominciato a capire qualcosa che prima d'allora avevo solo intuito confusamente: qualcosa su di me, su come sono e su come vorrei essere, su come scrivo e come potrei scrivere.[1]

Certo è curioso che Calvino ricorra all'immaginario astrologico per parlare di sé, lui portabandiera della scienza e della razionalità, come se volesse in qualche modo legittimare sul piano dell'affidabilità e dell'attendibilità una tradizione ampiamente ascoltata nel passato ed oggi ancora persistente, benché il presupposto cosmologico su cui si fonda si sia dimostrato infondato. Non ci sono ammiccamenti, né abbandoni al sogno o a facili parallelismi o gratuite illusioni.

Se l'astrologia viene impiegata è perché ha nutrito, come il mito, l'immaginario letterario e perché come il mito ha costituito una forma di conoscenza e una modalità del passato di fissare in immagini le conoscenze e in particolare, nel caso dell'astrologia, le conoscenze di ordine psicologico.

Nella sapienza antica «microcosmo e macrocosmo si specchiano nelle corrispondenze tra psicologia e astrologia, tra umori, temperamenti, pianeti, costellazioni».[2] La proiezione delle tipologie psicologiche negli astri non solo traduceva una visione della realtà, ma era una mnemotecnica, il modo con cui una cultura orale legava le conoscenze alle immagini, come avveniva nel mito o nella personificazione, per facilitarne la memorizzazione e la trasmissione.

Né è da dimenticare che gli astrologi nell'antichità non erano «quelli che predicono il futuro alla gente dietro compenso, ma coloro che specularono sul sistema tradizionale del mondo e fecero uso di tutto quello che c'era nel campo dell'astronomia, della geografia, della mitologia, i testi sacri delle leggi del tempo e del mutamento, per costruire»[3] un ambizioso sistema in cui tutto trovava la sua collocazione. Un’antichità, iniziata nel VI millennio tra l'Egitto la Siria e la Mesopotamia, e protrattasi fino a Keplero, Copernico e Newton, ultimi maghi di questa tradizione, benché esponenti di rilievo della nuova scienza.

Si vede bene che l'astrologia cui fa riferimento Calvino non è quel fenomeno da baraccone venduto per poche lire più spese postali da pataccari e imbonitori televisivi, ma era, se non possiamo dire una scienza cartesiana, senz'altro la sapienza alla quale gli antichi attingevano con lo stesso atteggiamento con cui noi attingiamo alla nostra scienza sperimentale. Calvino, l'abbiamo visto, è dalla parte di Santillana ed è convinto, come Machiavelli di cui era un ammiratore, che la lezione delle cose antique possa servire alla conoscenza delle moderne e delle future, data la sostanziale stabilità dei meccanismi mentali elementari. Calvino nutre il suo immaginario di scrittore nel modo più ampio possibile e con le letture più varie.

Calvino ha incontrato il libro che adotta per illustrare sintonia e focalità di Mercurio e Vulcano - strano e difficilmente classificabile «dal punto di vista del rigore accademico»[4] - quando studiava la «simbologia dei tarocchi» in vista del Castello dei destini incrociati. Quanto nella Molteplicità dirà a proposito dell'«epopea enciclopedica» di Bouvard e Pechucet, «doublée da una impresa titanica parallela compiuta nella realtà» da «Flaubert in persona che si trasforma in un'enciclopedia universale, assimilando con una passione non minore a quella dei suoi eroi tutto il sapere che essi cercano di far proprio e tutto quello che resterà loro escluso»,[5] è riferibile all'atteggiamento di Calvino. La curiosità intellettuale dello scrittore che non presuppone di detenere la conoscenza assoluta, ma è pronto a cercarla e a riconoscerla nelle mille forme in cui si manifesta, anche nel «libro di un matto»: «nei libri dei matti si trovano alle volte delle idee che servono».[6]

Nell'astrologia è sedimentata la sapienza antica in ordine ai tratti comportamentali e ai temperamenti, esibita in una infinita catena di immagini che hanno nutrito la tradizione letteraria. Perché non attingere a questo immaginario, tanto più che comprende delle intuizioni, pur se non conseguite con il rigore della scienza cartesiana, non smentite da criteri ritenuti più rigorosi? Oltretutto l'«invenzione poetica»,[7] ossia «il potere di evocare immagini in assenza»[8] anticipa spesso la realtà e segue «un procedimento d'associazioni d'immagini»[9] non diverso da quello dello scienziato. Il concetto di letteratura di Calvino è assai vasto.

Ma ancora l'immaginario astrologico consente a Calvino, come nel caso dello scudo di Perseo, di sfuggire alla morsa di pietra che lo stringe ogni volta che tenta «una rievocazione storico-autobiografica». Il mondo mitico di Perseo e l'astrologia di Vulcano e Mercurio sono simmetrici nel permettere a Calvino la giravolta per sfuggire alla pesantezza, all'inerzia, all’opacità del mondo: «qualità che s'attaccano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle».[10]

Riteniamo che in questo contesto sia da collocare non solo l'atteggiamento verso l'immaginario astrologico, ma anche verso l'immaginario collettivo che gli fa da sfondo.

Non ci sembra di ravvisare in queste pagine, per quanto Calvino prenda spunto ampiamente dal libro di Virel («di scuola - credo - junghiana»), un'adesione alle tesi di Jung. Ne impiega le immagini e la simbologia per portare acqua al suo mulino, come ha assunto l'energia icastica degli emblemi rinascimentali, senza per questo aderire all'armamentario che li presuppone. Se simpatia c'è stata per la psicanalisi è stata per un «rinnovato uso»[11] della disciplina sulla scia del suo iniziatore piuttosto che dalla parte dei suoi seguaci, compresa la parte freudiana, se è vero che Lacan era un terreno dove Calvino si muoveva poco e male.[12]

Del resto se escludiamo l'eventualità di un tono sornione l'interesse per il nome di Virel pare circoscritto alle immagini di Mercurio e Vulcano senza estendersi al retroterra culturale, tant'è che nel marcarne l'appartenenza junghiana frappone un credo che sottolinea la completezza dell’informazione e allontana l’adesione.

(A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di I. Calvino, pp. 174-176)

 





Note

 

[1] I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1988 p. 52.
[2] I. Calvino, Lezioni americane, p. 51.
[3] G. de Santillana, Il mulino di Amleto, p. 276.
[4] I. Calvino, Lezioni americane, p. 52.
[5] I. Calvino, Lezioni americane, p. 112.
[6] I. Calvino, Saggi, II, p. 2820.
[7] I. Calvino, Lezioni americane, p. 24.
[8] I. Calvino, Lezioni americane, p. 91.
[9] I. Calvino, Lezioni americane, p. 91.
[10] I. Calvino, Lezioni americane, p. 6.
[11] I. Calvino, Per chi si scrive? (Lo scaffale ipotetico) (1967), in ID, Una pietra sopra, in ID, Saggi, I, Mondadori, p. 201.
[12] Vedi I. Calvino, Colloquio con Ferdinando Camon, in ID, Saggi, II, p. 2788.

 





Voci correlate

I tarocchi

I Tarocchi di Bonifacio Bembo

André Virel Histoire de notre image

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

Indice delle voci


Copertina del Castello dei destini incrociati